Due o tre cose che mi sento di dire

Guido De Zan

Ho sempre pensato all'arte come possibilità
di esprimere se stessi attraverso il proprio lavoro. Come costruzione di qualcosa che potesse rimanere a testimonianza del mio modo di vedere il mondo. Costruire era quello che faceva mio padre, costruttore di case. Quando ero bambino, vedere qualcosa che nasceva dal sottosuolo, dalla terra, e che si elevava nello spazio, aveva un grande fascino. Vedere questi uomini che scavavano, allora non c’erano le macchine che ora sostituiscono in buona parte il lavoro umano, e poi mettendo mattone su mattone innalzavano la casa fino ad arrivare al tetto – era come assistere a un miracolo. Penso che l’origine del mio desiderio di fare con le mani sia nata da queste visite nei cantieri fin da piccolo, visite che poi da ragazzo si sono trasformate in periodi
di lavoro durante le vacanze scolastiche. 

 

Un’altra figura familiare che mi ha influenzato sul piano creativo è stata quella di uno zio pittore. Vederlo tracciare figure o un paesaggio su una tela bianca, e poi riempirli di colori per giungere alla rappresentazione del reale mi affascinava molto. Penso di dovere molto a questi due adulti, soprattutto la passione per il lavoro: mio padre razionale, severo, ma appassionatissimo del proprio lavoro, che svolgeva con forte senso di responsabilità; e mio zio, visto dai parenti come la pecora nera della famiglia, che viveva di grandi amori come la montagna, la fotografia e la pittura, e faticava a trovare un suo spazio nel mondo. Entrambi mi erano vicini e cari. 

 

Delle volte le mie ceramiche tendono ad avere forme razionali e ricordano strutture architettoniche. Allora penso all'influenza di mio padre. Delle altre, rappresentano in forma figurativa o astratta figure umane e paesaggi. Allora penso ai lavori di mio zio Arrigo. Forse il tentativo più o meno inconscio di imitarli mi ha portato a usare la terra per costruire forme solide, funzionali e resistenti nel tempo come le case di mio padre, e a utilizzare carte e colori per fare opere grafiche come mio zio. 

Insieme, hanno dato un’impronta iniziale alla mia personalità, che si è poi evoluta grazie
ai ceramisti e artisti incontrati nel corso degli anni. La trasmissione delle conoscenze tecniche ed espressive, sia nei mestieri che nell'arte in generale, ci aiuta a crescere, a migliorarci e a passare agli altri quello che abbiamo ricevuto da quelli che ci hanno preceduto. 

 

I miei lavori mostrano una tendenza alla leggerezza e la ricerca di un equilibrio stabile.
Per i materiali che compongono la ceramica,
la leggerezza non è facile da raggiungere. Quello che cerco di fare è trasmettere a chi guarda il mio lavoro una sensazione di leggerezza. Per le mie ceramiche utilizzo terre chiare come la porcellana e un impasto di grès mescolato alla porcellana. Se lasciate all'esterno senza smalto, danno l’impressione di essere altro dalla ceramica. Anche le pareti tendo a tenerle il più sottili possibile. La porcellana lavorata così sottile arriva ad essere confusa con la carta pergamena, e il grès – anche se più spesso – può sembrare un cartoncino. Anche i segni che decorano i vasi consistono in linee sottili, che incrociandosi e
in alcune parti infittendosi, danno l’impressione di chiaro-scuro, di luci-ombre tipico dei disegni su carta o delle stampe tratte da incisioni. 

 

Un’altra impressione di leggerezza è dovuta alla particolare forma delle mie ceramiche, soprattutto dei vasi che hanno le basi ellittiche, e quindi danno l’impressione di essere privi di spessore, bidimensionali. Lo spaesamento che alcune persone provano di fronte a queste forme mi dà la soddisfazione di aver raggiunto il risultato che avevo in mente: ‘alleggerire’ la materia. Invece l’impressione di precarietà dell’equilibrio che spesso trasmettono le mie forme bifacciali – formate da un fronte e un retro, simili a forme antropomorfe e tendenti ad allungarsi nello spazio – me le sento vicine perché la loro precarietà è anche la mia, e da sempre è parte della mia personalità. Comunque, sia io che loro occupiamo il nostro spazio sulla terra in compagnia di tanti altri, umani o oggetti che siano. 

 

Di recente mi hanno commissionato una serie
di vasi per l’arredamento di una nave. La prima cosa che ho pensato è che non mi sembrano molto adatti a navigare in alto mare. Ma poi ho pensato anche che gli arredatori debbano avere in testa un modo, e così me li vedo intrepidi a solcare i mari. 


Guido De Zan

 

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